Qualche giorno fa il Tg satirico Striscia la Notizia ha mandato in onda un servizio nel quale è stata presentata una innovativa apparecchiatura che devitalizza automaticamente i denti. Nel servizio, caratterizzato dalla tipica enfasi che contraddistingue i servizi della trasmissione di Antonio Ricci, l’inventore dell’apparecchiatura, l’ingegner Ermete Riva, ne descrive il funzionamento, basato sull’azione di soluzioni detergenti che, grazie ad un sistema di pompe volumetriche, vengono iniettate e aspirate nel dente in volumi ben precisi. Il brevetto, depositato nel 2005, descrive per sommi capi i principi di funzionamento dell’apparecchiatura, che è stata poi oggetto di studio nella tesi di laurea di una collega, la neodottoressa Francesca Giuliodori. La miracolosa apparecchiatura, testata su 60 denti, ha permesso di “salvare tutti i denti” e di ottenere quindi il 100% di successo. Almeno così viene affermato alla fine del servizio. Il servizio quindi si conclude lasciando intendere che ci troviamo di fronte ad una invenzione rivoluzionaria, che sta per cambiare radicalmente l’odontoiatria.
I pazienti sarebbero di sicuro felicissimi: niente più lunghe sedute, addio ad estenuanti sequenze di strumenti endodontici (gli aghini che si usano nel trattamento) e soprattutto il 100% di successo. Anche quei colleghi che non amano dedicarsi all’endodonzia, sarebbero ben felici di collegare il dente da trattare alla macchina per dedicarsi nel frattempo al trattamento di un altro paziente.
Peccato che i poco più di due minuti di servizio televisivo trasmettano un messaggio fuorviante. In una intervista rilasciata in seguito, l’inventore chiarisce che i 60 denti “trattati” erano in realtà denti estratti sottoposti a dei test in vitro, cosa ben diversa da cure portate a termine su denti veri, affetti da patologie vere, su pazienti che hanno la propria unica ed esclusiva risposta immunitaria.
Quindi cosa possiamo dire in concreto sul funzionamento di questa macchina? Di fatto niente: non sappiamo se è sicura, non sappiamo se funziona nella realtà clinica, non sappiamo se funziona meglio delle tecniche attualmente collaudate da anni di ricerca clinica e di laboratorio. A questo punto c’è solo da chiedersi quali siano i principi che regolano la diffusione e la distorsione di determinate notizie nei mass media, ma essendo un semplice dentista e non un esperto di comunicazione, non so darvi risposte. Forse.
AGGIORNAMENTO
Grazie ad un collega sono riuscito a scovare online la tesi di laurea che avrebbe provato l’efficacia di questa apparecchiatura. Per chi volesse leggerla può trovarla qui. La prima cosa che colpisce è che la tesi di laurea è stata discussa nella sessione autunnale dell’anno accademico 2006-2007, mentre tutto nel servizio lascia presupporre che si tratti di un lavoro recente e non di un lavoro di 7 anni fa. La cosa più imbarazzante poi riguarda il contenuto della tesi che, per usare un eufemismo, non coincide perfettamente con quanto affermato nell’intervista rilasciata dall’ingegner Riva dopo il clamore nato dalla messa in onda del servizio. Nell’intervista l’inventore afferma che “la Dott.ssa Francesca Giuliodori, che mi ha assistito nella sperimentazione dell’apparecchiatura per alcuni anni, ha trattato centinaia di denti estratti e scartati da dentisti che li consideravano irrecuperabili. Nella fase finale delle prove, sono stati trattati 60 denti, volutamente infettati con 10^9 batteri, la totalità è risultata sterile e perfettamente priva di sostanze organiche.” In realtà leggendo la tesi è possibile verificare che i denti trattati sono 58, 50 dei quali sono stati divisi in gruppi da 10 trattati con diversi programmi della macchina e poi analizzati al microscopio elettronico a scansione, mentre solo 8 sono stati analizzati dal punto di vista microbiologico. Di questi 8, 3 non sono stati inclusi nell’analisi per imprevisti accaduti durante la fase sperimentale e solo uno alla fine è risultati privo di batteri dopo il trattamento. Direi che siamo molto lontani da quanto affermato dall’ingegnere e dalla collega, che nel servizio riferiscono di aver “salvato” 60 denti.
Siamo in un’era meravigliosa, dove abbiamo accesso ad una quantità incredibile di informazioni, che a differenza del passato sarebbe anche molto facile verificare, se qualcuno si prendesse la briga di farlo. Se questo non viene fatto per pigrizia, incompetenza o cattiva fede non sta a me giudicarlo
Gentile Collega,
ho letto con interesse i commenti che ha formulato dopo aver visto il servizio di Striscia la Notizia e dopo aver letto con interesse la mia tesi di laurea riguardante la macchina che devitalizza i denti in maniera automatica.
Mi è d’obbligo a questo punto fare personalmente delle precisazioni per evitare ulteriori malintesi. Innanzitutto voglio precisare che la trasmissione si basa sul diffondere in pochissimi minuti delle notizie che possano andare a stimolare la curiosità degli ascoltatori che potranno poi approfondire personalmente gli argomenti se veramente interessati. Pertanto nell’intervista sia io che l’Ing. Riva e grazie alla bravura del giornalista Moreno Morello abbiamo cercato di sintetizzare gli aspetti salienti dell’invenzione con lo scopo, come si evince alla fine del servizio, di trovare qualcuno o meglio qualche azienda che si possa far carico degli sviluppi successivi di questa metodica. Infatti, come Lei giustamente ha sottolineato, la tesi di laurea è stata discussa nella sessione invernale 2006-2007 e da allora si sta cercando autonomamente qualcuno, non solo a livello nazionale ma anche internazionale, interessato a verificare se questa apparecchiatura, che ha portato per ora dei buoni risultati, può avere qualche sviluppo commerciale e quindi clinico.
Per quanto riguarda il numero dei denti, non credo che ci sia molta differenza tra dire 60 denti trattati piuttosto che 58, anche perché è solo ai fini della analisi statistica che nella mia tesi ho riportato i risultati di tali denti; nella realtà infatti, io e l’Ingegnere abbiamo testato la macchina su centinaia di denti arrivando alla conclusione che era statisticamente irrilevante continuare in quanto i denti trattati con il programma definitivo all’analisi al Microscopio Elettronico a Scansione (SEM) erano tutti puliti fino all’apice. Per questo posso continuare ad affermare che con il programma adeguato è possibile “salvare tutti i denti e ottenere quindi il 100% di successo”. Dei denti analizzati poi dal punto di vista microbiologico, è vero che solo un dente alla fine del trattamento risulta privo di batteri, ma in tutti gli altri denti (anche in quelli dove i risultati al SEM non sono incoraggianti)i batteri scendono comunque dell’ordine di 10^6 o 10^7 cfu e questo è un risultato accettabile in quanto neanche con le metodiche tradizionali si può affermare di rendere sterili i canali radicolari. Quello che nella pratica clinica noi dentisti facciamo attualmente non è altro che sagomare e detergere ripetutamente i canali, sperando di abbattere la carica batterica che ha contaminato il dente, cosa che peraltro valutiamo clinicamente solo a distanza dalla nostra seduta di devitalizzazione.
La brevità dell’intervista non ci ha concesso di precisare che la sperimentazione è stata fatta in vitro e non in vivo, cosa che però si può dedurre dal fatto che durante il servizio sono apparse ripetutamente delle foto in cui si vede che tenevamo in mano i denti trattati, che quindi dovevano essere per forza già estratti. Ripeto però che l’obiettivo della nostra intervista è proprio quello di diffondere i risultati incoraggianti di questa metodica sperando che qualche azienda possa continuare la sperimentazione aiutandoci a valutare se è possibile usare la macchina sui pazienti ed arrivare agli stessi risultati.
Concludo ringraziandoLa per avermi dato la possibilità di fare tutte queste precisazioni che probabilmente erano necessarie e colgo l’occasione per dire che la cosa che personalmente ho imparato da questa mia esperienza è che nel nostro mondo odontoiatrico spesso ricerche o innovazioni importanti non vengono né ascoltate né incoraggiate da chi invece dovrebbe facilitarne e promuoverne la diffusione.
Dott.ssa Francesca Giuliodori
Gentile Collega,
innanzitutto la ringrazio per il suo intervento e per aver puntualizzato la sua posizione. Mi rendo conto che in due minuti di servizio non sia possibile comunicare tutte le informazioni necessarie, come mi rendo conto che l’intervistato non abbia il controllo su quello che è il risultato finale del servizio, ma sono assolutamente convinto che l’informazione debba essere comunque chiara, seppur concisa. Nel servizio viene presentata l’invenzione, ma non viene detto che il servizio è finalizzato a trovare eventuali investitori per lo sviluppo e la commercializzazione della stessa. Era intuibile e lei me lo conferma.
La frase “tutti i denti sono stati salvati”, presuppone un risultato clinico e non può essere certo utilizzata per descrivere un risultato istologico o microbiologico su dei denti estratti (fase 0 o preclinica), tanto più che nel servizio questo non viene specificato. Come ho già scritto, in base alla documentazione che ho avuto modo di leggere, non sappiamo nemmeno se questa macchina è sicura, nel senso della “safety”, che viene appunto valutata nella fase I di una sperimentazione clinica. Ad esempio che gli irriganti utilizzati non fuoriescano dall’apice è solo ed esclusivamente una supposizione, non essendo stata sperimentata in vivo.
Gli studi in vitro, seppur indispensabili, sono solo il primo gradino di quel percorso che secondo i principi della Evidence Based Medicine possono permettere di affermare che uno strumento, un farmaco o una tecnica permettono di ottenere il 100% di successo. Anzi, per quel che ne so, ad oggi non esiste farmaco, trattamento medico o trattamento chirurgico che abbia dimostrato di ottenere il 100% di successo con lo 0% di complicanze.
Concludo augurando a lei e all’Ingegner Riva di trovare i fondi necessari per portare avanti la sperimentazione di questa interessante apparecchiatura.
Emilio Corvino
Gentile neo Dottoressa. Davvero mi riesce difficile comprendere il reale significato di questa scoperta e il messaggio che viene trasmesso nel video (“i denti devitalizzati in mezz’ora”) è davvero penoso per gli specialisti in questa disciplina tanto impegnativa.
Non lo capisco perché non viene spiegato nulla relativamente al fatto se serva o no trovare una lunghezza di lavoro e se serva o meno sagomare i canali in modo da facilitare la penetrazione degli irriganti della macchina.
Perché se serve fare queste procedure, che sono la vera sfida delle terapie canalari, questa macchina entra in competizione con i vari EndoVac, EndoActivator, ultrasuoni: ossia si tratta di un attivatore di irriganti! Bella cosa, ce ne sono tanti di prodotti e tutti hanno dimostrato che in mezz’ora di ipoclorito in un canale strumentato correttamente si ottiene una riduzione batterica simile a quella da lei descritta.
Al contrario se non servisse sagomare i canali, mi chiedo come mai possano essere otturati questi canali, tanto sterili quanto destinati a ricolonizzarsi.
Saranno stati anche pochi minuti, ma il messaggio è chiaro e deprimente, quasi quanto Moreno Morello.
Saluti
Gabriele Rossi
Ho testato diversi dispositivi lasciati in prova da vari “inventori”. Le conclusioni (di lavori randomizzati e controllati) sono stati sempre le stesse… ovvero non funzionano. La detersione in endodonzia è una parte del trattamento, sicuramente la più importante, ma non può essere affidata ad una macchinetta più o meno “miracolosa”. L’abbattimento riscontrato in questa tesi di fatto è ridicolo se consideriamo che la quantità enorme di batteri residua ritornerà entro poche ore al livello iniziale (come da me pubblicato in Letteratura internazionale)